Una irresistibile forza gravitazionale
Leggere certe recensioni mi fa ribollire il sangue nelle vene. Ricondurre la musica a somiglianze con questo o quell’artista può starci per un gruppo al suo primo disco ma non certo per chi, come i Wallflowers, ha alle spalle una carriera di tutto rispetto. Detto ciò, siccome non sono un giornalista, mi domando che cosa ci si aspetti che qualcuno inventi nel campo della musica nel 2012, io mi aspetto solo delle belle canzoni e qui ne ho trovate ben 12. Visto la lunga assenza dalle scene, Jakob e i suoi, credo abbiano sentito l’esigenza di un paio di pezzi che potessero girare nella fascia di alta rotazione nelle radio, brani che comunque, rispetto al flusso mono tono proposto dalle emittenti radiofoniche, si distinguono alla grande dalla massa. Per il resto la voce di Jakob è rimasta una voce che mi emoziona, un marchio di fabbrica di Wallflowers che con Rami Jaffee, Greg Richling, Stuart Mathis e Jack Irons ricompongono per 3/5 la stessa line-up della prima incisione.
Il disco mi suona dentro, l’apertura con Hospital for Sinners è nervosa e mi mette addosso subito una grande curiosità, la voce incide solchi, la band fa andare alle stelle il cardiofrequenzimetro, una galoppata verso un nuovo inizio. Misfits and Lovers (feat. Mick Jones) è un grande pezzo, la vena non si è smarrita, Dylan jr. sa scrivere ancora e lo fa sentire subito, ho come l’impressione che la band abbia voglia di dire: “eccoci, siamo tornati, ascoltaci, siamo gli stessi che sei venuto ad ascoltare nel ’96, abbiamo la stessa voglia e la stessa energia”, e dal mio cuore si innalza spontaneo un grande grazie. First One in the Car mi fa impazzire, la voce, la tastiera, quelle pause, le ripartenze e i crescendo sono quelli che mi hanno sempre fatto parteggiare per i Wallflowers. A questo punto ho già gli occhi chiusi, sono seduto al centro della 6th Avenue ma intorno a me vedo solo grandi prati verdi e cieli azzurri e potrebbe accadermi qualunque cosa che non me ne accorgerei e sento che mi sono mancati profondamente. Jakob commuove, tocca il più profondo dell’animo, è viscerale, e disarmante, lo adoro. Reboot the Mission (feat. Mick Jones) è un pezzone che vorrei ascoltare a tutto volume con una Impala decapottabile del ’59 e fermarmi ai semafori a giocare con gli ammortizzatori truzzi e farla dondolare a ritmo. Qualcuno ha definito It’s a Dream una canzonetta… mah!!! dal mio counter di iTunes mi risulta di averla già passata in radio almeno 4 volte in meno di un mese e sfido chiunque a tirare fuori qualcosa di questo tipo con 3 accordi… geniale? no! dannatamente semplice ed accattivante impossibile da non assecondare, cammino e vado a tempo, sono seduto e mi muovo a tempo, guido e sbanco il contachilometri… contagiosa!!! Con Love Is a Country mi rendo definitivamente conto che non sto vivendo un sogno e che i Wallflowers sono tornati, ho visioni lisergiche, tutto mi ruota vorticosamente intorno e vedo fiori e colori mischiarsi come in un enorme caleidoscopio ed io a godermi tutta la potenza di una canzone meravigliosa che mi lancia definitivamente nel campo di attrazione gravitazionale di Glad all over. Have Mercy On Him Now mi regala una valanga di spensieratezza e una visione di tanti palloncini colorati che volano in alto verso il sole… non credo che i Wallflowers abbiano cercato di imitare qualcuno, credo proprio che non ne abbiano assolutamente bisogno! The Devil’s Waltz sembra nata a cavallo dei ’60/’70, Jakob recita e gioca con la band ad un botta e risposta che potrebbe durare anche per tutta la sera e non me ne accorgerei. It Won’t Be Long (Till We’re Not Wrong Anymore) rispolvera ancora cadenze alla Wallflovers, ricca di tutte quelle sfumature ben note che sono un toccasana per la mia anima rimasta troppo tempo a secco del suono della band di Los Angeles. Constellation Blues è una bella ballata dove è la voce ad uscirne dominante, una voce che ancora una volta ammalia, affascina e rapisce. One Set of Wings ripropone un modo di comporre che adoro, passaggi di accordi da maggiore a minore mentre meno te lo aspetti, la tastiera di Jaffee a tessere melodie, bridge e le scale a salire, salire, salire… una vera torta a 5 strati! Il disco chiude con Don’t Give Up On Me, asciutta, secca ed essenziale, una chiusura che sembra una richiesta che dice “siamo tornati non rinunciate più a noi, siamo qui e non ce ne andremo mai più“!!! Spero sia così perchè di un disco di Wallflowers ne avevo un gran bisogno e anche chi non sapeva di averne, ascoltando questo Glad all over spero lo abbia comunque pensato.