Un viaggio in Israel
Questi sono i fatti. Ottobre 2009, Israel insieme a Ted Young sorseggiano birra ed ascoltano i vinili che Israel ha portato con sè dopo un tour in Europa, tra una battuta e l’altra nasce l’idea di registrare un nuovo disco attrezzando un granaio a studio di registrazione, prima di aprire l’ultima “BUD” decidono di riporla in un armadio e di berla a progetto terminato. In menchenonsidica acquistano tramite un annuncio sul giornale un granaio a Catskill Mountain (Albany nello stato di New York) e qui insieme a Steve Shelley (Sonic Youth), Joey McClellan (Midlake/The Fieros), Eric Swanson, Aaron McClellan (The Fieros), Brendon Anthony, Jason Crosby, and Rich Hinman in 8 mesi, tra bagni nel fiume e falò, registrano il disco grazie “all’umile opera ingegneristica” di Ted Young (Gaslight Anthem/Kurt Vile). Il disco suona meravigliosamente e sarà l’arrivo della primavera, delle prime brezze e del primo calore vero del sole… ma già al primo ascolto mi ha letteralmente rapito… allora… eccomi qua all’interno di un fienile alle Catskill Mountains circondato da verdi, dolci colline nei pressi di un fiume e di una cascata, ne percepisco lo scrosciare, chiudo gli occhi, clikko play e Barn Doors and Concrete Floors si anima e tutto mi appare incantato e meraviglioso, così mi abbandono ai liberi pensieri ed alle emozioni che sgorgano spontanee dalla musica di Israel questo è il mio viaggio… Parto con Fools gold che è sapida, tagliente e terribilmente trascinante, un inizio incredibile, sono su un bus, il viaggio è stato lungo, i freni stridono, le portiere sbuffano, scendo, sento il bus che riparte dietro di me il luogo è sconosciuto ma sono a mio agio, sono euforico, tutto è nuovo, tutto è da scoprire! Con Drown mi ritrovo a cavalcare un Appaloosa in assolate praterie polverose, cerco di alzare il volume in cuffia ma sono già al 110%, faccio una sosta e mi crogiolo all’ombra di un albero pencolante con Sunset, regret, una bella ballata che lascia il posto alla tesa Goodbye Ghost che lascia intravvedere in lontananza l’urbanità dele luci della skyline newyorkese. La slide di Four winds mi riporta alle luci giallognole di un paese della campagna le quali ombre danzano sull’unico deserto crocicchio. Sono sempre lì, con gli occhi chiusi, a godermi la tiepida brezza sul viso sollevata da Louisiana che mi lascia con Baltimore su di una spiaggia, al tramonto, accarezzato dalla schiuma della bassa marea. La melanconica Red dress mi materializza al centro della pista da ballo di una festa di paese. In Black and blue c’è Dylan, c’è Ryan Adams… si! sono in un museo della storia musicale americana c’è un mondo di note intorno a me e ballo… e canto! La voce di Israel!!! ecco cosa c’è, ora sa usarla al meglio, la adatta ai brani la usa da strumento, ogni canzone ha la sua voce e quella di Bellwether Ballad mi accompagna in cima ad una collina e mi invita ad esplorare la valle che si allunga sotto di me a perdita d’occhio fino alla curvatura della terra. Ho il sale sulle labbra… Antebellum è come una Tequila che mi gusto seduto al bancone del bar fumando una zighi, dolce è il tabacco e una nuvola di fumo si alza verso il cielo, la guardo offuscare la luna poi pian piano si dirada e mi lascia così, disteso sul mio carpet, a fissare la mia artemide… ho sognato!!! …ma se è così cosa ci faccio con in mano un biglietto del bus, gli abiti bagnati e la polvere sul viso?!