Tornano i LOWLANDS e lo fanno dando prova in questo secondo lavoro (e mezzo) di grande crescita. L’album si intitola Gipsy Child, e già il titolo è meraviglioso! Molti dei brani di questo disco erano già circolati nei live della band ed erano la punta di un iceberg musicale sommerso che ha finalmente trovato la luce in questo nuovo, attesissimo disco. I suoni ruvidi e spigolosi che rendevano The last call una grande opera prima, trovano ora il loro compimento che è il risultato di un grande lavoro svolto sul palco, in sala prove e in studio. L’amalgama tra i ragazzi è cresciuta a dismisura, la chimica è quella giusta e la band si muove all’unisono, ognuno sa sempre cosa fare e quando farlo e la cosa più bella, che esce immediatamente dai primi accordi dell’iniziale Gipsy CHild, è il grande entusiasmo che il gruppo riesce a trasmettere, insomma, non si finirebbe mai di ascoltarli per quanto riescono a coinvolgere l’ascoltatore, anche più passivo, e trascinarlo dentro il loro mondo musicale. Già, un mondo pieno di storie, di emozioni e di sensazioni sempre nuove, fresche come la rugiada del mattino ed immediate come un primo bacio. Grandi collaborazioni all’interno degli 11 brani sapientemente orchestrati da Chris Cacavas, ma a far grande il disco è la qualità e la forza delle canzoni, ognuna è un piccolo gioiello che insieme alle altre va a formare uno dei regali musicali più belli ricevuti in questo 2010.
Apre alla stragrande Gipsy Child, una canzone da loop perchè non si finirebbe mai di ascoltarla, subito grandi protagonisti la voce di Ed, il violino di Chiara Giacobbe e la chitarra di Roberto Diana, brano incalzante che cresce di forza dopo ogni ascolto e dopo ogni strofa, di quelli che ti entrano dentro e non ti lasciano più e ne vorresti ancora, ancora e poi ancora… Only rain è una vergata di sanguigno rock, aperta dal piano di Stefano Brandinali e corredata da un bellissimo Hammond che riporta l’atmosfere a quella dei grandi tempi del rock, ti lascia col fiato sospeso per tutta la sua durata o quasi, fino a quando Roberto Diana non parte con un liberatorio catartico assolo, la pioggia è protagonista e a questo punto dopo due sole canzoni mi sento già tutto sottosopra, le emozioni di questo Gipsy Child si sono impadronite della mia anima! Street Queen è più lenta, più ballata ma altamente evocativa, riporta alla mente atmosfere ’80, Andy White e dintorni, Ed è aiutato ai cori da Mike Scott. Il disco si apre ora alle atmosfere folk di Beetwen Shades and light dove si mischiano il sapore di birra, l’odore di Irlanda e la gioia di una sagra di paese, la sensazione è quella di una corsa a perdifiato con il cuore che batte all’impazzata assistito dal violino di Chiara! Nuovo brano, nuovo inizio, questa volta l’onore è per piano ed armonica che introducono Life’s Beautiful lines, una avvolgente ballata che mi stinge fra le sue calde note esalate del violino e della chitarra dal quale abbraccio non vorrei più staccarmi e continuerei a canticchiare il finale na..na…na all’infinito ma mi arrendo e passo alla successiva Cheap Little Painting… grande lavoro di piano e di ricami di “strumenti a corde vari” a tessere una melodia a volte “Waitsiana”, pezzo nel quale Simone Fratti sfodera il suo contrabbasso e lo fa sentire, è come aprire un carillon, chiudere gli occhi e farsi trasportare dalla sua melodia ipnotica, poi richiuderlo e trovarsi in testa ancora quel riff, quasi un mantra. Without a sight è sapida e sabbiosa nella più classica tradizione della country-rock song e ti tiene allacciato e in sospeso fino alla fine, è un momento e poi… ti ritrovi a camminare sollevando polvere solo sotto il sole a picco. Ora i LOWLANDS sono Ed, così come nascono le canzoni ecco He left, mi sembra di vederlo Ed che arriva in sala prove e dice: “Ascoltate questa….” ed è così!!! poi insieme, i LOWLANDS, portano a compimento l’opera ma questa volta è lui solo, chitarra e voce ed una gran bella canzone. There’s a world è diversa, è come una faccia appena rasata, pulita, liscia e profumata, rasata da un quadri-lama composto da steel guitar, piano, hammond e un gran lavoro di Phil Ariens alla batteria, gran pezzo… e a questo punto penso proprio che i LOWLANDS sappiano fare di tutto e di più e continuo a stupirmi, meravigliarmi ed innamorarmi sempre di più della band e della loro musica. Ruvida e trascinante è Gotta be, anche questa sentita “live” tira da bestia, l’anima più nera e sporca dei LOWLANDS è tutta qui, se non li avete mai ascoltati dal vivo (male, dovete rimediare quanto prima) eccoli qua, trascinanti, coinvolgenti ed esplosivi, un pezzo bomba! Dopo lo schiaffo la carezza di Blow, blue wind blow a chiudere il disco (sic!) violino e basso a reggere la struttura, con Ed a sussurrare le parole, come per scusarsi con noi che il disco è finito, troppo in fretta dico io, perchè di questa musica ne vorrei all’infinito. Devo concludere ma cosa dire? andate il 23 di settembre in qualunque negozio di dischi ed acquistate Gipsy Child ascoltarlo vi farà star bene prima, durante e dopo, poi c’è sempre il repeat. Disco stupendo ed emozionante, grande prova di tutti i componenti e dei numerosi guest e per ultimo un grazie ragazzi perchè voi siete la dimostrazione che se si ama la musica possono nascere cose grandi come i LOWLANDS e come Gipsy Child.