La canzone “No Depression in Heaven” è stata originariamente registrata dalla Carter Family nel 1936 durante la Grande Depressione, canta della paura e della speranza di molte famiglie che dall’est hanno deciso di intraprendere il viaggio alla ricerca di una vita migliore verso l’ovest. No Depression è il titolo dell’album del 1990 degli Uncle Tupelo che ha rivitalizzato la scena country rock dei ‘60 e quella con tinte più punk degli ’80. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati dalla scena musicale di Seattle col Grunge e da quella di Nashville con il Country-Pop. Uncle Tupelo hanno riportato l’attenzione alla musica country americana tradizionale, la musica dei lavoratori, quella per intenderci di Woody Guthrie, Hank Williams e The Carter Family e il country rock, quello di Byrds che per primi hanno elettrificato il folk di Bob Dylan e soprattutto Gram Parsons con i suoi Flyng Burrito Brothers (che definivano il loro suono”Cosmic American Music”). Come abbiamo visto per il movimento OUTLAW anche il movimento No Depression si è formato come una reazione spontanea all’establishment discografico e radiofonico che aveva abbracciato i suoni metallici del Grunge e quelli Pop di Nashville. L’album No depression di Uncle Tupelo è ampiamente accreditato come il primo album “alt-country“, e diede il suo nome al movimento e alla rivista alla base del movimento stesso. Dopo altri tre album si sciolsero nel 1994, aprendo nuovi e interessanti scenari perché Jay Farrar costituì i Son Volt (ad oggi, lo zoccolo duro del movimento), Jeff Tweedy fondò i Wilco a loro seguirono Bottle Rockets, Freakwater, Old 97’s arruolati dall’etichetta Bloodshot, che fu pioniere del genere che definì quel suono insurgent country. Le band Blue Mountain, Whiskeytown, Steve Earle, Drive-By Truckers seguirono a ruota e No-Depression, Alternative Country, Insurgent Country sono state le basi per quella che a partire dagli anni 2000 è stata classificata come musica “Americana”. Definire questa musica è quantomai semplice: è il luogo dove si fondono armoniosamente il folk, il country e il rock’n’roll. Probabilmente è una definizione generalista ma è quella che rappresenta al meglio tanti musicisti e gruppi che interpretano appieno lo spirito della musica che è nata negli stati uniti lasciandola indissolubilmente e romanticamente saldamente ancorata alle radici che la hanno generata.
La band Western Centuries con base a Seattle ritiene che la strada da percorrere sia più ricca se percorsa insieme. Collaborazione, ispirazione e reciproca ammirazione sono ciò che Cahalen Morrison, Ethan Lawton e Jim Miller indicano come il cuore del loro progetto. I Western Centuries celebrano il loro terzo album come una “band della band” con l’uscita di Call the Captain, (un titolo ironico per affermare su come siano una band senza un vero frontman), viene esaltata la collaborazione e la stima reciproca.
Morrison e Lawton si incontrarono a Seattle, dove conducevano due carriere musicali affermate. I due iniziarono a suonare insieme casualmente Quando hanno saputo che Jim Miller, del quale apprezzavano il lavoro e la voce, si era trasferito a Seattle, gli hanno chiesto di suonare con loro e i tre hanno trovato una visione musicale condivisa unita ad una forte amicizia.
Miller confessa che dopo 20 anni trascorsi a suonare la chitarra ritmica e a fare i cori in Donna the Buffalo non voleva più essere parte dell’arredo della backline. Western Centuries sono quello che tutti e tre cercavano: una band senza leader; una nave senza capitano.
Su Call the Captain, tutti e tre i cantautori hanno collaborato a scrivere canzoni ed ad alternarsi alla voce solista ed a scambiarsi gli strumenti. I temi trattati nelle 12 canzoni sono tra i più vari “Long Dreadful Journey”, ( Lawton) è costruita su un passo del vangelo e parla di religione come una menzogna, che ha reso terribili le cose fatte a suo nome, sullo stesso tema “Dynamite Kid” (Morrison) dove si esprime lo stesso disprezzo per il lavoro missionario svolto in una pseudo-scuola in New Mexico. “Space Force” (Miller), arricchito dalla presenza di Jim Lauderdale, è una satira sugli armamenti e la politica del presidente Trump.
In tutto l’album, le armonie vocali arricchiscono ed impreziosiscono rendendo unica ciascuna canzone, con una incredibile sintonia sia compositiva che strumentale.
Call the Captain è quello che si può definire un moderno disco di musica Americana con al proprio interno tutti gli elementi tipici del genere, country, bluegrass, soul, R’n’B, ballads e 12 splendide canzoni provenienti proprio dalla zona dove il Country ha sofferto di più ma che ora sembra avere trovato non uno ma ben TRE capitani a portarla nuovamente a galla.