O Bronder, Donder Yonder? è un disco meraviglioso è un racconto di un uomo che ha trovato la sua connessione con i grandi spazi americani che lo avvolgono. Forrest Van Tuyl – che è An American Forrest – è un cowboy moderno che trascorre sei mei all’anno a guidare mule-train nelle regioni selvagge del nord-est dell’Oregon, questo disco, meglio di qualsiasi film western, o dei romanzi di Cormac McCarthy, mi trasporta nel deserto americano e mi fa realmente provare cosa si provi a vivere lì come in Burnin’ Starlight dove Forrest racconta di cavalcare nel buio più assoluto affidandosi solo al proprio cavallo che sa dove andare. O Bronder, Donder Yonder? ha il sapore romantico, antico, i colori seppiati dei racconti di altri tempi: Lady Godiva (song straordinaria), Yonder My Love e Pendleton Overcoat sono canzoni d’amore come se ne trovavano nell’outlaw country anni ’70, l’uso dei pochi strumenti e il modo di Van Tuyl di cantare sono pura poesia per l’anima che si ritrova a cavalcare per gli enormi spazi aperti senza preoccupazioni, senza paure, senza fretta, senza l’ansia dalle quali ogni giorno mi trovo mio malgrado avvolto e oppresso. Un disco che mi permette di respirare a pieni polmoni e di inebriarmi di quella libertà che una parte di me vorrebbe vivere tutti i giorni e che l’altra ha paura di affrontare. I testi, scritti nel gelido inverno trasformano i ricordi della buona stagione in straordinarie canzoni, elevandole ad un livello superiore e la band su Sam’s House, Rawhide, Pretty Good Divide, Yonder Mountain e Dark to Dark li fa raggiungere vette musicali inarrivabili evocando immagini e sensazioni da brividi di emozione e commozione. Questo O Bronder, Donder Yonder? è la quintessenza del country-western, una pietra miliare della musica del terzo millennio alla quale tutti i songwriter e band dovrebbero abbeverarsi cosi come faccio io tutti i giorni, per chiudere gli occhi e sognare terre e storie che mi fanno stare davvero a meraviglia.