Jason Ray Welsh – Write the Wrong

Come spesso accade, anche le storie sull’origine del termine Outlaw Country sono tra le più svariate e disparate, chi lo attribuisce a Willie Nelson, chi a Bobby Bare e chi a Dough Sam. La matrice che accomuna tutti questi artisti però, è l’idea: gli OUTLAW volevano la libertà, volevano cantare le canzoni che preferivano, registrare in studi indipendenti, suonare come dove gli pareva e controllare le loro carriere musicali.

Il movimento Outlaw country iniziò quindi come reazione alla sovra-produzione country-pop dell’industria discografica di Nashville sviluppata da produttori discografici come Chet Atkins che voleva farne un business, non è affatto un caso che tutti gli outlaw fossero Texan o Okie. La musica affonda le sue radici nell’honky tonk, nel southern rock e nel rockabilly ed ha incominciato il suo sviluppo negli anni ’70. I primi “fuorilegge” includono Waylon Jennings, Willie Nelson, Kris Kristofferson, Merle Haggard, Guy Clark, Jessi Colter, David Allan Coe, Hank Williams Jr., Billy Joe Shaver, Steve Earle, Joe Ely, Johnny Paycheck. La rottura definitiva con l’industria di Music City avvenne quando Waylon Jennings e Willie Nelson riuscirono ad assicurarsi i propri diritti di registrazione e iniziarono apertamente a contrastare il “suono di Nashville”. Mentre Nashville ha continuato a essere al centro della musica country tradizionale, città come Lubbock e Austin sono diventate i centri dell’OUTLAW. Nel 1976, l’outlaw country ha trovato il suo manifesto con l’uscita di Wanted! The Outlaws, un album con  Waylon Jennings, Willie Nelson, Jessi Colter e Tompall Glaser. The Outlaws è diventato il primo album country ad essere certificato platino, raggiungendo un milione di copie vendute.

Mentre a Nashville imperversavano abiti tempestati di strass, capelli cotonati, messe in piega vertiginose e arrangiamenti sempre più raffinati e pomposi, i fuorilegge portavano i capelli lunghi e le barbe incolte, le giacche di pelle e gli stivali sporchi e ritornarono alle radici della musica country aggiungendo quel pizzico di rock al loro suono. L’album di Jennings Honky Tonk Heroes e Old Five e Dimers Like Me di Billy Joe Shaver sono due pietre miliari nel genere OUTLAW.

Willie Nelson lasciò Nashville nel 1971 per tornare in Texas. Ad Austin incontrò Billy Joe Shaver e altri musicisti che avevano creato quel suono country influenzato dal folk e dal rock che è diventato il genere OUTLAW.

A Lubbock. Butch Hancock, Joe Ely e Jimmie Dale Gilmore hanno formato The Flatlanders. Johnny Cash  ha ridato vigore alla carriera grazie al movimento OUTLAW, incontrando Willie Nelson, Waylon Jennings e Kris Kristofferson con i quali ha costituito The Highwaymen. Il periodo di massimo splendore del movimento OUTLAW fu tra la metà e la fine degli anni ’70. Negli anni ’80 la musica country tradizionale era dominata da artisti pop country. Il movimento ritrovò nuova forzae a metà degli anni ’80 con la rinascita del country neo traditional, che ha ripescato le sonorità sia della musica country sia tradizionale che “fuorilegge” degli anni passati.

Eleven Hundred Springs, Robert Earl Keen Jr., Kevin Fowler, Shooter Jennings, Wade Bowen, Randy Rogers Band, Cross Canadian Ragweed, Jason Boland & the Stragglers ed Eli Young Band, hanno portato nuova linfa al movimento OUTLAW mantenendo gli stessi ideali di un tempo insieme ad artisti come  Billy Joe Shaver e David Allan Coe. Vista la provenienza di molti di loro dallo stato della Lone Star, si è coniato il termine Texas Country,  mentre il genere gemello chiamato Red Dirt sviluppatosi intorno alla città di Stillwater Oklahoma nota ai più per la sua terra rossa. Come per il movimento OUTLAW, sia il Texas Country che il Red Dirt non corrispondono ad un formato musicale ma rappresentano un movimento tra gli artisti legati da idee, provenienza e radici comuni.

L’OUTLAW vive ancora nelle vite, nella voce, nei testi e nella musica di tanti veri “fuorilegge”. Basta ascoltare Renegade, canzone di apertura di Write the Wrongs, album d’esordio di  Jason Ray Welsh, guardare la copertina per rendersi immediatamente conto che l’OUTLAW non passerà mai di moda perché ci sarà sempre chi come Jason vuole vivere da spirito libero sia nella vita che nella musica, fuori dalle convenzioni che la società impone. Nato e cresciuto a Columbus, nell’Indiana dove ha imparato i valori, la morale, come vivere, ridere e amare la campagna; è un veterano dell’esercito in pensione, ha 39 anni, 5 figli e tante cose da dire. Dopo un periodo di disintossicazione per abuso di droghe, la sua fidanzata gli ha regalato una chitarra “Grace”, da quel momento è rimasto pulito e la musica è stata la sua salvezza, quella musica che ha ascoltato nei dischi di Waylon Jennings e delle stazioni radio “fuorilegge”. La sua vita è cambiata, è cambiata la città e gli amici e ha deciso di raccontarlo con queste 13 canzoni che toccano i temi della vita, i dolori, le gioie, le difficoltà, gli errori, i passi buoni e falsi che caratterizzano la vita di ogni uomo. Racconta tutto questo con una voce che arriva diretta all’anima affrontando aspetti della vita come in Devil in the Whiskey, Family canzoni dove racconta a sua storia con il cuore in mano mettendosi a nudo. Un disco vero, genuino dove non c’è spazio per nient’altro se non per la musica, le parole e la storia di un uomo che riesce a regalare una emozione dietro l’altra toccandoci il cuore, non lasciando nulla all’immaginazione. Write the Wrong è uno di quei dischi di OUTLAW da inserire tra le pietre miliari del genere.

Tyler Lance Walker Gill – Tyler Lance Walker Gill

Dare una definizione di Honky Tonk è quanto mai difficile, vi sono le più disparate versioni che raccontano la nascita di questo genere legato ed associato nell’immaginario collettivo al suono dei pianoforti scordati che si potevano trovare dei bar malfamati delle periferie delle città. Due esempi di nazional-popolarità del genere sono: Honky Tonk Woman di Rolling Stones e Honky Tonk Train Blues di Keith Emerson resa famosa in Italia per essere stata la sigla del programma televisivo Odeon). Anche se associato prevalentemente al piano e indicato dai più come precursore del boogie woogie, l’Honky Tonk è uno dei suoni più distintivi e caratteristici legato alla musica Country! Questo perché, a cavallo della WWII, è incominciato uno spostamento verso le grandi città del sud (soprattutto quelle del Texas) degli insediamenti rurali degli Hillbillies che si rifugiavano in luridi bar per trovare facili soddisfazioni sessuali o per affogare nell’alcol a basso costo, i problemi amorosi e lavorativi delle loro vite. I testi delle canzoni, semplici e diretti,  ne sono una testimonianza concreta, tradimenti, passioni, infedeltà, dolori… nulla che una bottiglia di Whiskey non potesse cancellare lasciando il mattino dopo, oltre che un gran mal di testa, anche un senso di rimorso sia morale che religioso. Dal punto di vista musicale l’Honky Tonk rimane una fonte di ispirazione e rinnovamento quando le tendenze popolari iniziano a perdere le loro radici, il suo suono così ben definito fu la risposta contro il country pop nei decenni a venire: a lui si appoggiò il Bakersfield sound negli anni ’60, l’Outlaw Country negli anni ’70, e il nuovo Traditional Country negli anni ’80 e ’90. La formazione di base del Tonk presenta chitarra acustica/elettrica, fiddle, contrabbasso e steel guitar (questa importata direttamente dalla tradizione hawaiana), a volte anche il piano. 

Ernest Tubb divenne il suo primo ambasciatore seguito negli anni ’50 da Hank Williams e Lefty Frizzell che cambiarono per sempre il modo in cui la musica Country veniva cantata. George Jones nei suoi 50 anni di attività cambiò sostanzialmente l’aspetto e il suono della Country Music riuscendo a sdoganarla in tutti i 50 stati!

Senza addentrarci in tecnicismi, fondamentalmente l’Honky Tonk è composto da TRE accordi il 99% delle volte maggiori, una bottiglia di Whiskey o Bourbon e piccole storie di vita da raccontare. Formula semplice e vincente per una musica che magicamente fa stare bene.

Tyler Lance Walker Gill da Bullitt County, Kentucky, è un vero Honky Tonk Man. Ogni fine settimana da bambino veniva portato al Mount Washington Jamboree dove la zia e la madre cantavano con la loro band. Per tutta l’infanzia è stato inondato dalla Classic Country Music, ma Tyler all’epoca era più interessato agli AC/DC. Invecchiando racconta di aver riacquistato quell’apprezzamento per la musica country con cui era cresciuto e che la musica country è l’unica cosa che può davvero scrivere e sentire che vale la pena farlo.

Nel 2018 Tyler e la sua band pubblicarono “Live From A Parking Lot“. Registrato durante un festival a Louisville chiamato Seven Sense Fest, realizzato in una fabbrica di birra su un palco allestito nel parcheggio.

Il giorno di San Valentino del 2020 Tyler è uscito con l’omonimo album di debutto in studio.

Nel disco fa spicco il nome del violinista Michael Cleveland, vincitore del Grammy nel 2018 e nel 2020, grande amico di Aaron Bibelhauser, la prima persona che Tyler ha contattato quando ha pensato di incidere il disco.

Le 10 tracce dell’album sono state tra le prime canzoni scritte e nonostante ve ne fossero altrettante pronte, questo perché il disco è stato registrato con un budget ridotto in circa 7 giorni, quindi è stato cercato di ottenere il massimo da ogni minuto di tempo in studio con le canzoni che la band sapeva meglio.

L’album include anche la coraggiosa dichiarazione contenuta in “So Called Christian Politicians“, una protesta  per il clima politico nel Kentucky e una critica al governatore Repubblicano Matt Bevin …e schierarsi contro i Repubblicani, come ben sappiamo, non è certo ben visto dai maggiori consumatori di musica country.

Nel mezzo di un Rinascimento di musica country, Tyler Lance Walker Gill va diretto al centro del cuore dell’Honky Tonk. Tre accordi senza fronzoli, semplici e immediati che rendono la musica country quell’esperienza speciale che solo questa musica può essere. Questo album racchiude in sé canzoni che puoi ascoltare sia quando sei felice sia quando sei triste La musica country può essere divertente e dovrebbe esserlo. Ascoltate la musica di Tyler Lance Walker Gill da Bullitt County, Kentucky e divertitevi.

Sideline – Breaks To The Edge

Bluegrass” è un nome comune dato in America per l’erba del genere Poa, il più famoso dei quali è il bluegrass del Kentucky.

Il Bluegrass, è influenzato dalla musica degli Appalachi dal gospel e dal jazz dal quale trae l’improvvisazione. La stessa musica degli Appalachi ha radici miste nella musica tradizionale irlandese, scozzese e inglese, ed è stata successivamente influenzata dalla musica degli afro-americani attraverso l’incorporazione di elementi jazz e blues.

La regione degli Appalachi era il luogo in cui risedevano molti immigranti inglesi i suoni di jigs e reels, erano suonati sul violino. I musicisti neri portarono l’iconico banjo all’Appalachia e le caratteristiche del blues al mix.

Nel 1948, quello che sarebbe diventato noto come bluegrass è emerso come un genere nell’industria musicale del dopoguerra, un periodo di tempo definito ora come l’epoca d’oro del “bluegrass tradizionale”.

Nel 1948, il bluegrass ha trovato il suo nome ed è stato inserito sotto la voce country/western per la classifica di Bilboard. 

Il nome deriva dalla band dei Blue Grass Boys, formata nel 1939 con Bill Monroe mandolino e chitarra come leader, il chitarrista Lester Flatt, il banjoista Earl Scruggs, il violinista Chubby Wise e il bassista Howard Watts questo motivo Bill Monroe viene definito il “padre del bluegrass“.

Un modo semplice per entrare dentro lo spirito di questa musica è quello di guardarsi O Brother, Where art thou? film prodotto e diretto da Joel and Ethan Coen ambientato nel 1937 nella regione rurale del Mississippi durante la Grande Depressione. 

The Soggy Bottom Boys è il gruppo musicale che serve da fil-rouge per tutto il film. Il nome è un omaggio ai The Foggy Mountain Boys, una bluegrass band composta da Lester Flatt ed Earl Scruggs, quello che sviluppò uno stile a tre dita sullo strumento che permetteva una rapida cascata di note incendiarie che diede il tempo del nuovo suono bluegrass.

Credo che attualmente il miglior bluegrass si trovi in Colorado (noto per il Telluride Bluegrass Festival) ed in North Carolina (per l’altrettanto conosciuto MerleFest). Ascoltando un disco di bluegrass per la prima volta, non sapendo chi suona cosa, si fa fatica ad accorgersi che nelle formazioni non è presente la batteria per quanto incalzante sia il ritmo imposto e gli assoli che si alternano velocemente sovrapponendosi ed intrecciandosi con le voci ed i cori. Le più incredibili cover di canzoni rock, pop sono realizzate da band bluegrass per l’incredibile versatilità che le abilità e gli strumenti consentono alle band di adattarsi a qualsiasi stile. Tra gli interpreti del classico bluegrass sono sicuramente i Sideline from Asheville NC

Sideline è una string band completa: Steve Dilling (banjo), Skip Cherryholmes (chitarra) e Jason Moore (contabbasso) sono i 3 membri fondatori ai quali si sono aggiunti Zack Arnold (mandolino), Jamie Harper (violino) e Jacob Greer (chitarra e dobro) nei 20 anni di carriera hanno calcato più volte il palco del Grand Ole Opry (la “Scala” della musica country) così quello che era iniziato come un progetto secondario si è presto trasformato come principale e hanno così iniziato a registrare e pubblicare album sul serio. Nel 2019, Sideline ha vinto il premio IBMA Song Of The Year con il singolo “Thunder Dan” (canzone Bluegrass #1 in radio).

I Sideline sono la quintessenza del bluegrass, ascoltandoli non si può non fare a meno di innamorarsi di questa musica incalzante, travolgente fatta di canzoni cantate col cuore, intrecci strumentali e vocali da far girare la testa.

Breaks To The Edge, è una raccolta di brani che vanno da canzoni della tradizione a brani originali, il set comprende storie di troubadours come quella del loro singolo “Return To Windy Mountain” e “Southern Wind“, e una classica ballata bluegrass come “Down In The Willow Garden“.

Sul lato più progressive, Breaks To The Edge offre una cover di “Crash Course In The Blues” di Steve Wariner, ma propone anche la classica canzone gospel del sud “I’m Live Again” che mette meravigliosamente in risalto le amalgame vocali di Sideline con 4 voci perfettamente in sintonia.

Breaks to The Edge è il loro quinto album in studio e racconta alla perfezione cosa sia oggi il bluegrass. Se volete avvicinarvi a questo genere musicale i Sideline sono certamente un ottimo punto di partenza e non potrete che innamorarvi dell’ERBA BLU.

Appalachian Road Show – Tribulation

Le radici della musica folk risiedono lontane nel tempo e nello spazio. Tutto ebbe inizio in Europa nella prima metà del 1600 quando i Cattolici inglesi e i Presbiterani scozzesi decisero di colonizzare la regione protestante dell’ulster (Ulster Plantation). Gli irlandesi furono costretti a fuggire nel nuovo mondo e finito di pagare il debito al capitano della nave che li aveva trasportati, si possono cogliere analogie con qualcosa di molto vicino a noi… hanno lasciato la costa dove erano insediate le 13 colonie e si sono trasferiti sui monti Appalachi per vivere di agricoltura e pastorizia.

Questi erano chiamati HLLBILLY da hill collina e billy goats, la capra di montagna (figura rappresentata molto bene da Dinamite Bla della Disney) e scherniti dai «cittadini». 

La musica popolare è nata così con ballate che raccontassero storie (erano al 99% analfabeti) e per il bisogno soprattutto di avere  musica da ballo. L’unico strumento in loro possesso era il violino che hanno incominciato a costruirsi da soli creando il fiddle (dal ponticello piatto e tenuto appoggiato frontalmente sul petto per affaticarsi di meno durante le lunghe sessioni che li vedevano impegnati anche per 4 ore).

Le condizioni sociali degli hillbilly o redneck o cracker erano simili a quelle degli schiavi neri degli stati del sud, con loro soprattutto a cavallo della guerra civile, vi sono stati scambi culturali che hanno arricchito i bianchi di un nuovo sound (sincopato) e di un nuovo strumento il banjo che gli afro americani avevano portato con loro dall’africa che era venuto a conoscenza dei bianchi durante la guerra di secessione (1861-1865). Questo non piaceva ai neri, così verso la fine dell’800 arrivò un nuovo strumento prodotto dalla Martin… aveva 6 corde, costava 1 dollaro e 19 cent e siccome era estremamente difficile esprimere il dolore dell’anima attraverso il suono stridulo del banjo, scoprirono che la chitarra calzava a pennello col genere che i neri stavano sviluppando… il Blues

Appalachian Road Show è un insieme acustico visionario, che offre nuove interpretazioni di tradizionali canzoni americane, bluegrass e folk, oltre a offrire composizioni originali, il tutto legato direttamente al cuore delle regioni appalachiane degli Stati Uniti. Il banjoista candidato al GRAMMY Barry Abernathy, unisce le forze con il violinista Jim VanCleve, vincitore di un GRAMMY, Josh Turner, il mandolinista Darrell Webb, il bassista Todd Phillips, con due vittorie e quattro nomination ai GRAMMY e il chitarrista 23enne Zeb Snyder.

Questo gruppo, ha lo scopo di mettere in luce la cultura e lo stile di vita della musica appalachiana dove è nata la musica Americana attraverso una immersione nella cultura nativa e nelle radici di quel suono. Abernathy è cresciuto vicino all’Appalachian Trail nel nord della Georgia. Sua nonna aveva un banjo e, nonostante fosse nato con un solo dito sulla mano sinistra, a 14 anni imparò a suonare quel banjo. VanCleve, nato in North Carolina ricevette il suo primo violino a sei anni. All’età di dodici anni, con suo padre viaggiavano attraverso le montagne della Carolina del Nord e della Virginia, partecipando a decine di concorsi di violino, festival di bluegrass e festival di musica all’antica. Webb è cresciuto nel paese delle miniere di carbone della Virginia occidentale, dove ha suonato la musica old-time e bluegrass grazie alla passione di suo padre, un minatore di carbone e musicista bluegrass che è deceduto a causa del “polmone nero”  un argomento che ha toccato tante famiglie e che gli Appalachian Road Show affrontano nella loro musica.

La musica Appalachiana e le sue storie hanno costruito una cultura musicale che a volte si è troppo inclini a dimenticare  ed è giusto che venga tramandata alle  nuove generazioni onorando le persone forti e dedite che hanno vissuto su quelle montagne negli ultimi 200 anni. Appalachian Road Show è più un’esperienza culturale che semplicemente una raccolta di brani, raccontano le storie dietro le canzoni, oltre a offrirne di nuove che nascono dall’emozione e dallo spirito della musica tradizionale appalachiana.

La band ha registrato il suo album di debutto nel 2018, Appalachian Road Show e in questo 2020 continuano il percorso intrapreso con Tribulation.

Se abbiamo avuto Johnny Cash, Elvis Presley, Bob Dylan, Woody  Guthrie e tanti artisti che amiamo, dobbiamo ringraziare coloro che hanno dato origine a tutto questo su quelle inospitali montagne creando un mondo di musica, parole ed emozioni che ora grazie agli Appalachian Road Show possiamo rivivere in una versione moderna.

Luke Hendrickson – One Night at the Crystal Lounge

Negli anni ’70 e ’80 un inusuale interesse per la musica country-western e per la cultura che si porta appresso, ha invaso il north-east ed il mid-west degli States. La propagazione della cultura della musica, prevalentemente diffusa nel sud, è incominciata quando durante la WWII la popolazione del sud si è trasferita in massa nelle fabbriche del nord per sostenere ed incrementare la produzione di armi e mezzi militari. Questa è stata la prima infiltrazione della musica country in quelle regioni che ha trovato nuova linfa attraverso le trasmissioni radiofoniche a partire dagli anni 20 dalla Grand Ole Opry e dalle varie presidenze succedutesi, Lyndon Johnson fu il primo presidente “cowboy”, Richard Nixon apparve sul palco alla Grand Ole Opry, ma soprattutto è stato il Georgiano Jimmy Carter che ha propagandato e aiutato a diffondere il suo genere musicale preferito per tutti gli stati uniti grazie al sostegno di molti artisti che hanno realizzato concerti durante la sua campagna elettorale. C’era già stato un tentativo per unificare la country&western music da parte di Bilboard che nel 1949 aveva unificato il folk, il country dell’est e quello dell’ovest in una unica categoria “Country&Western”. Fu però Ronald Regan a sdoganare la figura del cowboy dell’ovest in contrapposizione diretta a Jimmy Carter, un  “redneck” dell’est cosicché accadde che nel 1976 in U.S.A. c’erano 1100 stazioni radiofoniche che trasmettevano Country&Western. Dopo questo lungo preambolo veniamo all’argomnto del giorno: nella regione del mid-west degli stati uniti (comprensiva di 13 Stati) è stata istituita la Midwest Country Music Association con tanto di awards e cantanti e gruppi associati. Da questa scena e contesto culturale nasce la musica del debutto discografico di Luke HendricksonOne Night at the Crystal Lounge”. Luke nativo del Minnesota, parte come bassista Metal, ma i 7 anni trascorsi con il gruppo di Rochester, Minnesota “Luke ‘n Bob Texas” (2010-2017) gli ha dato esperienza e materiale per potersi presentare nel 2020 con un disco interamente a suo nome. Il 2018 ha visto Luke iniziare a suonare da solista e pubblicare l’EP acustico “Comfort Food”, permettendogli un lungo tour in apertura di concerti di altri artisti che in 2 anni gli ha permesso di farsi conoscere ben 24 stati.

La ricetta di queste 11 tracce è semplice Outlaw Country suonato nel rispetto della tradizione, canzoni dirette, fresche immediate di quelle che ti incutono l’obbligo morale di alzare il volume e di muovere qualche passo di danza. Ci vuole leggerezza nella musica, in questo momento più che mai la musica country credo sia la risposta a tutto ciò di cui abbiamo bisogno… bistrattata, trattata come un genere di serie B… se la si lascia scorrere, fluire, se ci si immerge completamente al suo interno non si può che rimanerne per sempre imprigionati e innamorati a vita. Questa musica è la mia colonna sonora ed è l’unica che mi appaga sotto tutti i punti di vista che un genere musicale possa fare. One Night at the Crystal Lounge è tutto questo, grandi cieli blu, storie semplici e un grande caldo abbraccio che unisce il popolo legato a vita ai DUE GENERI.

Hot Buttered Rum – Something Beautiful

I Californiani Hot Buttered Rum festeggiano il loro 20° anniversario con l’uscita del nuovo album Something Beautiful. La musica della band è difficile da classificare, affonda le sue radici sulle colline degli Appalachi riportandola sulla costa Californiana unendo il bluegrass, il folk, il jazz in uno stile che è la quintessenza della musica Americana. Sono cinque talentuosi musicisti basso elettrico, violino, chitarra, banjo, mandolino e batteria il tutto tenuto insieme da impasti vocali unici. 

Come affermato dalla band in una loro recente intervista “In questi tempi insoliti e incerti, ti porteremo quello che chiamiamo” Something Beautfiul ” che speriamo possa far brillare un po’ di luce sulla strada da percorrere e aiutare tutti a farcela insieme mentre superiamo questo periodo.”

Oltre ai 5 componenti vi sono ospiti speciali in studio, tra cui Holly Bowling al pianoforte, Barry Sless alla steel guitar e Alex Sharps al violino.

Nate Keefe ha scritto la canzone “Good One Gone” per riflettere sulla perdita degli amici intimi Andy Goessling di Railroad Earth e del fan Mark Chapman. La canzone si applica alla perfezione alla perdita di persone in qualunque circostanza sia essa avvenuta è questo il significato della musica quando diventa utile per una cosa specifica e le persone la possono usare ed interpretare per il loro bisogno del momento. In questi due decenni di vita di Hot Buttered Rum hanno suonato incessantemente portando in tour i loro album e dando il loro contributo a sostegno di numerose cause sociali. Se è vero che il suono della band è difficile da classificare, è anche altrettanto vero che sia altrettanto facile da amare. La musica di HBR, inventata nel backcountry della Sierra e negli scantinati di San Francisco, si è fatta strada nei cuori, nelle menti e nei corpi dei loro fan a livello nazionale e non solo.

JD Clark & The Stuck in the Mud Band – JD Clark

JD Clark chi è costui? ho cercato on line di saperne qualcosa in più ma nulla di fatto… di lui conosco solo la provenienza Austin TX e il suo eponimo disco che sto ascoltando senza soluzione di continuità. Le sue canzoni hanno storie da raccontare, il sapore del passato, di polvere e di whiskey e ricalcano quel suono che il Texas ha prodotto negli anni 90. JD va diritto alla meta con il suo album di debutto che non comparirà nelle Texas charts invase da uno stile che richiama oramai troppo spesso quello pop-country all’acqua di rose di Nashville, ma riporta tutto ad un suono diretto, schietto e genuino. The Stuck in the Mud Band è composta da veterani di Austin, tra cui Doug Walseth alla chitarra solista e lap steel, Vince Delgado al basso e Felipe Granados alla batteria. Un enciclopedia di come dovrebbe essere un album di Texas-Country, lap steel a profusione, ballate, honky-tonk e una voce lontana dalla baritonalità delle nuove generazioni. Il disco scivola via liscio, con tanto equilibrio e un buon stile compositivo, le storie e le canzoni di JD Clark sono un meraviglioso modo per chiudere gli occhi ed immaginare di essere altrove con l’aria calda e profumata che accarezza il volto ed invade le narici, per trovarsi in un altra epoca, in un’altra realtà, un modo diretto per evadere e lasciarsi andare per 35 minuti in un multiverso di colori e sensazioni completamente appaganti.

Jesse Daniel – Rollin’on

Jesse Daniel viene dalla California, stato molte volte reticente alla musica country, anche se il Backersfield sound sdoganato da Buck Owens è una prerogativa fondamentale dello stile del disco insieme all’Honky Tonk ed alle languide chitarre. Jesse è a tutti gli effetti un cantante country&western e le 12 tracce contenute in questo Rollin’on ne sono la perfetta dimostrazione. Adoro queste sonorità ed ammiro il percorso di Jesse degli ultimi 3 anni vissuti nella più assoluta sobrietà lontano dalla sua ormai trascorsa dipendenza e dal carcere. Le canzoni del disco sono state scritte insieme alla sua compagna e manager Jodi Lyford (la cui voce ritroviamo nei cori) hanno scritto molte canzoni traendo ispirazione dagli album di Doug Sahm e Jim Lauderdale. Le canzoni trattano dei problemi personali e di vita e della coppia, la produzione affidata a Tommy Detamore (artefice di dischi diventati icone della musica country) e registrato al Cherry Ridge Studios in Floresville, TEXAS  è stata davvero una scelta vincente. Jesse afferma che oramai era “fuori dalla tempesta”, che viaggiando molto per il tour del primo album che lo ha portato ad incontrare ed aprire concerti per artisti famosi, ha conosciuto persone che hanno dovuto affrontare ostacoli proprio come lui e che  il tono di questo disco è stato proprio modellato da quegli ostacoli in modo positivo “Rollin ‘On” incarna proprio la sensazione di andare avanti, di potercela fare e sentiva che per migliorare avrebbe dovuto portare a compimento il suo lavoro Per fare questo ci hanno pensato i suoi fans che su KICKSTARTER hanno raccolto la bellezza di 23.675 $ per aiutarlo a realizzare questo progetto. Per citare un film a me molto caro direi che Jesse Daniel “Ha visto la luce” attraverso la musica country che gli ha trasformato completamente la vita e che aiuterà chiunque abbia la voglia e la pazienza di ascoltare questo Rollin’on, a vedere quella luce che solo la musica dei “due generi” è in grado di generare e mi auguro che cambi la prospettiva a tanti.

Porter Union – Loved & Lost

Il duo è una istituzione della musica dei due generi, ricordiamo coppie che hanno scritto pagine indelebili della musica country, per citarne una su tutte Willie Nelson e Waylon Jennings. L’importanza del duo è una istituzione, attraverso due personalità, due voci e due prospettive diverse, la canzone assume una dimensione tridimensionale, le emozioni e le storie raccontate vengono rafforzate ed amplificate. Ecco perché nei premi annuali di qualsiasi tipo c’è una importante categoria dedicata ai duo e alle collaborazioni. Ultimamente c’è chi nell’industria di Nashville ha giocato molto con questa classificazione così da fare incetta di premi laddove il solista non sarebbe potuto arrivare. C’è per fortuna chi in questa tradizione del duo country ci crede ancora profondamente ed è proprio il caso di Porter Union costituiti da marito e moglie, Cole Michael Porter e Kendra Porter, il risultato delle due anime che hanno trascorso gran parte dell’ultimo decennio viaggiando insieme per il paese per suonare la loro musica ovunque dai bar, ai festival e teatri. Cole e Kendra si sono incontrati per caso in un bar di Springfield, MO, la loro città natale, si sono innamorarti e il loro amore e la loro sintonia è cresciuta scrivendo e suonando insieme. La loro è una storia a parte, una fiaba però reale, nella loro musica non c’è posto per i brani sovraprodotti e pieni di stereotipi. Il loro è un approccio onesto al songwriting combina temi emotivi semplici con un suono country tradizionale bello sano, vero e granitico. Tutto il contrario dei Florida Georgia Line tanto acclamati dall’Establishment… ma vi siete mai chiesti quale sia il ruolo del biondo! Un po’ come il fenomeno degli 883 in italia… sempre con lo stesso interrogativo su cosa facesse davvero il biondino…

Questo loro Sophomore album Loved & Lost è ricco di temi cari alla musica country, ballads, honky tonk e outlaw… è  pubblicato in modo indipendente, nonostante siano saliti all’onore della ribalta grazie all’apparizione nel Network’s singing competition Real Country, dove sono stati selezionati personalmente da una leggenda del country come Travis Tritt per competere nella sua squadra. Loved & Lost è una canzone ben scritta dopo l’altra, nonostante oramai purtroppo l’anacronistica lunghezza di 13 brani, il disco non cade mai di tono, le emozioni si sovrappongono e il pathos e la tensione emotiva e compositiva crescono di continuo canzone dopo canzone. Sono canzoni che raccontano storie di rapporti che hanno scossoni, momenti belli e momenti difficili ma che poi nella vita come nelle armonie vocali della coppia diventano unione e Porter Union è proprio quel duo che riesce a rendere univoca la loro musica a tal punto che magicamente due diventano uno.

The Panhandlers – The Panhandlers

Negli anni. soprattutto all’interno della musica dei due generi, si sono affacciati al pubblico ed al successo numerosi Supergruppi un po’ come è accaduto nei fumetti con i Titans della DC e gli Avengers della Marvel,  gli Highwayman (Johnny Cash, Waylon Jennings, Willie Nelson, and Kris Kristofferson), The Traveling Wilburys (Bob Dylan, George Harrison, Jeff Lynne, Roy Orbison and Tom Petty), il Trio (Dolly Parton, Emmylou Harris and Linda Ronstadt) e ultimamente in risposta agli Highwayman The Highwomen (Brandi Carlile, Natalie Hemby, Maren Morris, and Amanda Shires) sono stati tra gli ensemble più clamorosi. Ma il più rilevante Supergruppo del momento è sicuramente quello costituito da Josh Abbott, John Baumann, William Clark Green, and Cleto Cordero formatisi al confine tra Oklahoma, dove sono stati piantati nella sua terra rossa i semi del Red Dirt e Texas dove il Country si è sviluppato con un suono tutto suo. La regione dove il gruppo ha deciso di costituirsi è il cosiddetto Panhandle (in gergo quell’appendice di uno stato che “sconfina” le rette perfette che delimitano gli stati degli U.S.) quell’enorme rettangolo di terra piatta che funge da canna fumaria allo stato della Lone Star. Per questo e per altre 1000 ragioni hanno deciso di prendere il nome di Panhandlers. Il loro è un chiaro omaggio ad un altro Supergruppo del passato The Flatlanders (Jimmie Dale Gilmore, Joe Ely and Butch Hancock) provenienti da Lubbock. I due più conosciuti al di fuori della circoscrizione Texas-Oklahoma sono Josh Abbot Band e William Clark Green. Cleto Cordero sta ottenendo un grande successo partendo da Lubbock (patria di Buddy Holly) con i suoi Flatland Cavalrys e l’emergente John Baumann. L’album, prodotto da Bruce Robison, è una raccolta di canzoni sulla vita nella regione del Panhandle ed ha lo scopo di far conoscere il quartetto a un pubblico più ampio al di fuori del solito circuito. Il suono che ne scaturisce è meraviglioso, registrato in old-fashioned style su nastro analogico rilascia il calore unico di questo genere che può venire assaporato al meglio proprio così tra legno, un microfono e tracce analogiche. Tutto è iniziato come una Cover Band che col tempo si è trasformata in una esperienza di songwriting ed i pezzi sono stati volutamente registrati “bare-bones” (ridotti all’osso).

I Panhandlers sono i cosiddetti vagabondi del Texas, in questo caso però ad essere solitarie sono le canzoni, brani del West Texas, con quell’atmosfera di vento, polvere e tumbleweeds (i classici cespugli che rotolano nel deserto). Ogni canzone racconta e dipinge immagini come di una vecchia cartolina con lo sfondo del Panhandle. Il suono che ne scaturisce è sciolto, caldo, avvolgente, è quella sensazione bella di essere circondati solo da cose essenziali, quel suono vero e puro e quelle storie semplici, tutti elementi dei quali nella mia vita in questo momento desidero circondarmi. Suoni puliti, niente ampli, niente computer solo il suono della musica e della voce così come dovrebbe essere. Il disco perfetto per Country Bunker dove sono queste le atmosfere predominanti che desidero e voglio ascoltare e trasmettere. Un disco straordinario che per chi non conosce i due generi e per chi invece già li ama sarebbe un acquisto sicuramente doveroso.