Il mondo di Jim
Penso che le tendenze musicali di ciascuno siano scritte nel codice genetico, le mie sono scolpite! Nick Drake, John Grant, Josh Garrels, Damien Rice, Beirut, Decemberists, Counting Crows, Band of Heathens… provocano le medesime reazioni chimiche all’interno del mio organismo, mi fanno stare bene! Sarà la seratonina o un certo numero di sinapsi che si attivano!!… non saprei… fatto sta che Jim Ward (malgrado la cover) mi regala momenti di assoluto oblio, di torpore diffuso e di prolasso lobo-temporale. Sono sempre stato così come raccontano queste canzoni, sono musicalmente così, mi esalta più Waves in Spanish di Jump dei Van Halen perchè c’è quel sottile velo romantico del mal de vivre che mi ha sempre accompagnato nella mia permanenza terrena. L’incedere di queste canzoni quindi è come lo specchio della mia vita che si esalta con My town e trova rifugio in Decades, non un malessere ma piuttosto un modo d’essere che trova forza dove forza non c’è e il nutrimento necessario attraverso ballate o melodie che si crogiolano, si arrovellano si piegano su se stesse fino a che non intravvedono una piccola lama di luce che esce da un pertugio e che incominciano a seguire fino a che diventa sempre più grande e le conduce a sbucare fuori dalla loro tana e a quel punto o escono e ne rimangono abbagliate oppure non trovano la spinta necessaria per oltrepassare l’uscita, sostanzialmente perchè non lo vogliono, perchè stanno bene così nel loro non-arrivo…. come All that we lost che sembra voler fuggire ma quando è il momento di uscire, si ferma, pensa, ed alla fine torna sui suoi passi. Mystery talks riesce ad uscire ma rimane immobile a guardare e ad imprecare, Broken songs invece fugge, corre ma è preoccupata perchè pensa al ritorno mentre Take it back è irrazionale e riesce ad abbandonarsi alla luce ma non totalmente, sempre con riserva…. É così che la musica risponde alle mie domande esistenziali, mi risponde a suon di sensazioni a quello che altrimenti farei fatica a contestualizzare con le parole. Ci sono tanti modi per approcciarsi alla musica, il mio è sostanzialmente introspettivo, cerco nelle canzoni quello che sono, quello che mi rispecchia e quello che vivo quotidianamente, un disagio esistenziale che credo sia proprio di chiunque si guardi dentro almeno una volta al giorno. L’inquietudine che mi trasmette Jim Ward è come il riflesso della mia anima che si trova a confrontarsi a combattere a porsi molte domande, forse financo troppe, alla ricerca di un comune stato d’essere dove trovare sostegno e risposte e sta di fatto che dentro il mondo di Jim mi ci trovo proprio bene.